Cure palliative

Secondo la definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità le cure palliative si occupano in maniera attiva, totale e multidisciplinare dei pazienti colpiti da una malattia che non risponde più a trattamenti specifici aventi come scopo la guarigione. Il controllo del dolore, di altri sintomi e degli aspetti psicologici, sociali e spirituali è di fondamentale importanza. Lo scopo delle cure palliative è il raggiungimento della migliore qualità di vita possibile per i pazienti e le loro famiglie.

Alcuni interventi palliativi sono applicabili anche più precocemente nel decorso della malattia, in aggiunta al trattamento oncologico. Il termine deriva da "palliare", ovvero coprire, nascondere con un pallio, che nell'Antica Grecia e nell'Antica Roma era il telo di lana che si poggiava su una spalla e si drappeggiava intorno al corpo, sopra la tunica. La tradizione di fornire cure a tutti i bisognosi di conforto, anche ai moribondi, possono essere considerate alla base dell'istituzione degli ospedali, carattere che acquisirono in particolare con il passaggio della gestione agli ordini ecclesiastici, durante il medioevo. La nascita della moderna medicina palliativa, intesa come consapevole e mirata opera del portare sollievo ai malati senza speranza di guarigione, è però attribuita a Cicely Saunders, ex infermiera inglese, poi divenuta medico con lo specifico scopo di portare la medicina su un campo allora poco praticato. Dopo aver trascorso molti anni accudendo malati di tumore in fase terminale, Saunders decise di fondare un'istituzione apposita per permettere un trattamento dignitoso a tutti coloro su cui gravava una prognosi infausta. Vide così la luce nel 1967 il St. Christopher, ospedale intitolato al patrono dei viaggiatori, in cui l'attenzione principale, non potendo più focalizzarsi sulla guarigione, si rivolgeva alla qualità dell'ultima parte della vita dei pazienti, attraverso cure studiate appositamente per limitarne la sofferenza ed i disturbi più invalidanti. Il modello trovò accoglienza rapida, diffondendosi in tutto il mondo, grazie a istituzioni pubbliche e private, contribuendo a sviluppare una disciplina medica specifica. Obiettivo principale delle cure palliative è dare senso e dignità alla vita del malato fino alla fine, alleviando prima di tutto il suo dolore, e aiutandolo con i supporti non di ambito strettamente medico che sono altrettanto necessari, come si evince dalla precedente definizione. La dottoressa Cicely Saunders (medico inglese che per prima concepì gli "Hospice" come luogo e metodo di trattamento dei malati e delle malattie terminali), amava ripetere ai suoi pazienti «Tu sei importante perché sei tu e sei importante fino alla fine». Questo tipo di medicina, dunque, non è solo una semplice cura medica, ma può favorire un percorso di riconciliazione e pacificazione rispetto alla vita del malato e delle persone che gli stanno attorno.

 

Gli obiettivi delle cure palliative sono ben riassunti così:

  • affermano il valore della vita, considerando la morte come un evento naturale;
  • non prolungano né abbreviano l'esistenza del malato;
  • provvedono al sollievo dal dolore e dagli altri sintomi;
  • considerano anche gli aspetti psicologici e spirituali;
  • offrono un sistema di supporto per aiutare il paziente a vivere  il più attivamente   possibile sino al decesso;
  • aiutano la famiglia dell'ammalato a convivere con la malattia e poi con il lutto.

 

Si stima che ogni anno in Italia, su 250 000 persone che dovrebbero essere seguite con approccio palliativo ben 160 000 sono malati di cancro, mentre le altre 90 000 farebbero parte della sfera delle malattie cronico degenerative. Questi ultimi, sono destinati a crescere con il continuo invecchiamento della popolazione. Perciò occorre attivare molto presto, nel momento in cui viene comunicata dal medico una diagnosi infausta, l'approccio palliativo. Questa scelta, di non ridurre le cure palliative, come spesso ancora succede, alle cosiddette cure degli ultimi giorni, generalmente non più di due settimane, richiede una sinergia tra medico di famiglia, medico oncologo e medico esperto in cure palliative (bisogna precisare che in Italia ancora non esiste una specializzazione post laurea definita, ma si arriva a fare cure palliative da percorsi diversi come l'oncologia, l'anestesia o la geriatria. "Crediamo che a questo punto ci siano pochi punti cardine nella terapia del dolore intrattabile. Primo, dobbiamo cercare di fare una valutazione il più accurata possibile dei sintomi che tormentano il paziente. Questo non ha il significato di fare una diagnosi e dare un trattamento specifico, perché questo è già stato fatto, ma ha lo scopo di trattare il dolore e tutti gli altri fenomeni, che possono accrescere il generale stato di sofferenza, come fossero una vera e propria malattia" (Cicely Saunders).

Così la dottoressa Saunders definiva il dolore totale, come un approccio di cura che riguardasse non solo il male fisico del paziente, ma tutti gli aspetti che contribuivano ad acutizzarlo. La Saunders se ne era resa conto curando i feriti della seconda guerra mondiale. Partendo da qui, aveva sviluppato, attraverso rigoroso studio e osservazione clinica, che se somministrati a intervalli regolari i farmaci antidolorifici potevano dare un estremo beneficio ai pazienti. Ma alla singola terapia medica andava poi aggiunto un concreto sostegno psicologico, sociale e spirituale: questi, assieme alla terapia medica costituiscono i quattro pilastri fondamentali delle cure palliative. Il dolore totale è un concetto cardine delle cure palliative, che occorre conoscere per comprenderne la ricchezza. È un approccio in un certo senso rivoluzionario, in quanto consente di guardare alla persona nella sua totalità.